Lo stato dell’arte nel 2003


Lo stato dell’arte nel 2003

a cura di Eugenia Marrone

Testo

 


C’è un posto a Milano che se lo cerchi non lo trovi. Ti aspetti, passeggiando una sera sui Navigli, di trovare insegne che ti indichino che sei arrivato, ma nulla. Il Vicolo dei lavandai se ne sta lì, polmone tranquillo nella frenesia milanese, e tace. Un nome risuona, un po’ magico per quel suo suono un po’ esotico, Obraz, Obraz, quasi ipnotico, bello il nome, ma dov’è?
Sapere che c’è un posto a Milano interessato all’arte giovane prima che alle logiche del mercato, un posto indipendente disposto a rischiare di trovare nuovi talenti, che potranno essere confermati, oppure no, oppure abbandonarti una volta raggiunta la fama, è bello, voglio vedere dov’è…. Ma dov’è?!?

Ecco, questo pensavo, qualche tempo fa, quando ho sentito parlare dell’Obraz, quando ci sono passata davanti, una notte, e non ho visto nulla, quando poi ad un’inaugurazione il Vicolo si è animato e….l’ho visto! Eccolo lo spazio, ecco l’atmosfera e questo è il terzo anno di attività, meglio, la conclusione del terzo anno di attività, di esposizioni, di incontri, di scoperte.
Sono in tanti a partecipare, talmente tanti che le opere le abbiamo esposte una sull’altra, una sopra l’altra come in una quadreria settecentesca. Ci sono artisti che qui hanno cominciato, che stanno cominciando adesso, che in questa occasione presentano a Milano per la prima volta il loro lavoro. Ognuno con il suo personale linguaggio espressivo, e ti immagini che la festa cominci e si animi….Che i colori, i personaggi, lascino i quadri e si incamminino, guidati da “Enrico e il rinoceronte” di Paolo Maggis e dai “passi” di Addis, e, partendo dai paesaggi marini liquidi di colore lunare di Alessandro Spadari, percorrano le strade della nostra città e si colorino di gioia e di inquietudine, l’inquietudine della vita, dei volti stanchi e sfatti di vita vissuta di Bellucco, dei volti che indagano le nostre coscienze nel disfacimento della materia pittorica di Coda. Che la città assuma i colori del mito sgargiante di memoria di Marina Falco, che le “dormienti” della Carrano si risveglino, che i Viventi di Coltro ritrovino la loro identità censita e perduta, che i giovani di Cirnigliaro, i bambini di Dieli, gli uomini e le donne di De Filippi, e anche i torsi rembrandtiani di Zeni, acquistino vita e si immergano nei colori di Gabriele Poli, nei fiori di Dany Vescovi, giochino con le geometrie di colla e silicone di Davide Nido.
Che tutto celebri l’Arte, la libertà; perché cos’è l’arte se non la Libertà di gioire, godere, soffrire, interrogarsi, cercare di darsi, o non darsi, delle risposte e comunicarle. Stare nel proprio tempo, ma esserne al di fuori, sentirne ed esprimerne le laceranti contraddizioni, ma non essere schiavi delle sue mode. In un grande rito collettivo che qui oggi si celebra e andrà avanti per tutta l’estate, fino alla riapertura di settembre, in questo spazio, in uno dei posti più belli e suggestivi di Milano, dove la città sembra avere un respiro più umano, lontano dal “produci-consuma-crepa”, dal glamour artificiale di tanta gioventù artificiale.
Eugenia Marrone