Roberto Coda Zabetta “Un’idea, una forma, un essere” a cura di Maria Grazia Torri Dal 3 al 20 ottobre 2002
CINQUE BREVI CAPITOLI(1) PER PARLARE DELLA PITTURA DI ROBERTO CODA ZABETTA
§ I – IL SOGGETTO
“Ricordare l’aforisma di Lichtenberg: ‘ La più divertente superficie del mondo è per noi quella della faccia degli uomini’,” T. Scarpa(2)
Il volto. Un volto in primo piano carico di definizioni: una ritrattistica marcata, esasperata dall’espressione, ingigantita nel dettaglio, deformata dai propri caratteri somatici, caratteri zoomati in un primo piano rallentato da un fermo immagine, di una posa segnata che è l’individualità stessa del soggetto. Facce(3) non definite se non dalla propria traccia dell’animo, del carattere, del dolore, della sofferenza, dell’allegria, dell’angoscia e della solitudine.
Ogni quadro è anche un ritratto della solitudine del proprio sé.
Polaroidizzazioni continue di un soggetto che è folla, anonimia ed etnie, ma un soggetto che è e resta individuo.
– Un individuo ritratto nel proprio volto –
§ II- LA TECNICA
La pittura. Una pittura orizzontale fatta di smalti. Macchie opache sovraesposte a macchie lucide di un colore steso in modo spesso e gettato dall’alto, un colore non definito. Gesti informali per ritrarre volti su tavola, su PVC trasparente o su tela, che nella precisa descrizione di uno scatto fotografico, mostrano nella realtà volti della nostra contemporaneità, volti della gente che incontriamo nei metrò, nei check-in degli aeroporti, nelle spiagge affollate, sui treni, agli autogrill, nei centri commerciali, dietro l’angolo, sul nostro pianerottolo.
Sintesi di aggreganti macchie di colore per una pittura priva di contorni, priva di margini e disegni, sintesi per una pittura da guardarsi da lontano, ovvero a quella distanza necessaria per poter cancellare la macchia, poter annullare l’espressionismo, per poter concedere la lettura, e la visione.§ III – IL COLORE
Roberto Coda Zabetta parla dei colori ma sono quelli che sono gli inequivocabili b/n.
Anche i grigi sono dei b/n. Una pittura caleidoscodopica dove ogni sfumatura, ogni tono, nasce dal nero.
Al pari della fotografia che proprio nei b/n ci dona i maggiori contrasti e colori anche in questi quadri le cromie sono generate dai b/n.
Ed anche nel colore, così come nel volto cerca la sintesi, per trovare la somma del colore e la faccia del ritratto.§ IV – LO SGUARDO
Ci guardano. Ogni soggetto ci guarda. Ogni volto ci interroga con gli occhi. Ogni ritratto ci chiede di guardarlo. E nello sguardo, che diviene pausa di una visione, si crea quello spazio che diviene riflettente: ovvero una forma di scambio di sguardi stabilendo quel rapporto che è proprio come quello fra noi e lo specchio.
Anche nella furtività dello sguardo e nell’immediato attimo può rivelarsi e gettarci addosso la nostra immagine, restituendoci stati d’animo e suggestioni di ansie e di palpiti.
Suggerimenti da Starobinski(4). Invocazioni di osservazioni. Guardarsi negli occhi.§ V- IL CONFRONTO
“ Ho incominciato un suo ritratto, una tela di venti, testa bionda ricciuta, un po’’ imbronciata, un grande fiocco, rosso ciliegia legato allo chignon, su un fondo blu scuro opaco. Puoi immaginartela! Faccio una fatica spaventosa a venirne fuori.” C. Pissarro (5)
Dopo ogni tela, dopo ogni sguardo, dopo ogni pagina, c’è una pausa che richiede lo spazio bianco, un intervallo visivo, una pagina bianca, per rintracciare quella pausa della rappresentazione.
Roberto Coda Zabetta umanizza il vuoto con la fatica del ritratto continuo, ritrae incessantemente
gli altri per ritrovare l’individuo, e lavora solo per rintracciare il confronto con la realtà.
* UN’AVVERTENZA
Dare un nome a quei volti ed uscire per strada, sfogliare una rivista, o accendere la TV, provare a riconoscerli, incontrarli.
Chiara Guidi
Milano, agosto, 2001
1 Ogni capitolo è una definizione, ogni capitolo è un vettore per i quadri di Roberto Coda Zabetta
2 Tiziano Scarpa, Occhi sulla graticola, Torino, Einaudi, 1996, pag.42
3 E’ necessario precisare che una linea molto incisiva è stata quella rivolta ai bambini di colore. A questo proposito bisogna ricordare la mostra all’Art Expo di New York (marzo 2001) a favore dell’associazione NutriPA, per i bambini del Rwanda. Cfr. articolo. “Ho colorato la mia vita in nero”, VITA, 22 giugno 2001, pag18
4 Jean Starobinski, L’occhio vivente, Torino, Einaudi, 1975
5 Camille Pissarro, Mio caro Lucien, Milano, elèuthera, 1998, pag.38
In taxi a New York
L’ho visto dipingere per la prima volta a New York. Un giorno di marzo, in taxi da Harlem alla 34^ strada, dove esponeva i suoi lavori, Roberto Coda Zabetta mi disse: Nel suo studio ad Harlem usava tutto il corpo, ma soprattutto gli occhi.
Ancora oggi è il suo sguardo, limpido e splendente, a trovare l’immagine. Le mani, le braccia, le gambe vengono dopo per incanalare lo smalto nero e bianco in una forma precisa. Attorno alla tela buttata per terra Roberto Coda Zabetta dipinge e danza, come un indiano intorno al sacro fuoco. Talvolta urla. Anche i suoi quadri sono un grido infinito e la sua pittura è un fiore sbocciato sopra un fatto brutto. C’è sempre lo stesso volto dietro questi visi giganteschi e c’è un’unica domanda nei loro sguardi penetranti: .
Marina Mojana
Milano, 9 giugno 2001