Carla Mattii ” Deuteritipi ” a cura di Stefano Castelli. Dal 11 al 25 febbraio 2004
Il demiurgo gentile
Carla Mattii è, più che un’artista, un’alchimista: costruisce un erbario postmoderno, in cui alla conoscenza e catalogazione della natura si è ormai completamente sostituita la volontà di modificarla ed eventualmente migliorarla. Le sue creature necessitano di materiali semplici per venire alla luce: varie specie di fiori (talvolta anche un solo esemplare), ago e filo. E Carla è alchemica anche nel suo modo di fare arte: come molti artisti di oggi è scultrice, fotografa, rivela un’attitudine concettuale/performativa nella sua attenzione al processo di realizzazione, compie elaborazioni digitali, ma a differenza degli altri sintetizza (congela) tutte queste tecniche in un’unica opera. Le sue specie vegetali inedite, contemporaneamente vere e finte, armoniose e disturbanti, familiari e stranianti, vive e vocate al decadimento, indagano lo scarto e le possibili intersezioni tra vero e falso, tra naturale ed artificiale; la dimensione sospesa di questi manufatti organici è confermata dal loro mancato (ri)posizionamento nella terra o in un vaso, essi dichiarano la propria presenza contrastando con uno sfondo bianco. L’apparente freddezza lascia trasparire, dopo appena qualche secondo di osservazione, la carnosità quasi sensuale di questi fiori mutati (e non mutanti): l’occhio, il cervello e l’inconscio di chi osserva queste creature cercano di stabilizzare il piacere estetico che stanno provando, ma il cerchio non si chiude, lasciando aperto uno spiraglio di ambiguità e sospensione in un certo qual modo inquietanti. Forse questi fiori ‘inventati’ (ma così distanti dalla falsità delle orchidee recise e inscatolate che si vedono dai fioristi) sono in realtà piante carnivore da cui ci si salva solo per il fatto di trovarsele davanti in fotografia (eppure vive) e non fisicamente. Carla ha tuttavia deciso di farci esperire personalmente la natura delle sue creature, anche se in una forma mediata, con sculture che riproducono, in scala ingrandita, i suoi fiori. E ha deciso di darci la possibilità di condividere con lei il sottile piacere da demiurgo gentile che essa sperimenta da tempo: la vera scultura è il kit di montaggio contenente tutti i componenti per assemblare nuove specie di fiori: l’unico fiore impossibile da ricostruire è quello originale, che ormai non esiste più nella post-natura creata dall’artista. Le sculture rappresentano una sfida lanciata da Carla all’equilibrio raggiunto fin qui nei suoi lavori: rendono più evidente la natura fittizia del fiore -tramite l’aumento delle dimensioni, la mancanza di colorazione e il palesamento dei vari componenti nel kit- e compensano ciò con elementi di un realismo più simbolico e suggerito: la tridimensionalità e l’ eleganza sinuosa e lucida del materiale. Esiste un solo esemplare di ogni specie nella flora nuova, parallela, della Mattii, cosa che rende più pregiato ogni organismo e allo stesso tempo l’operato della creatrice di questa dimensione: lavorio prezioso ma delicato, minimo, fatto con ago e filo, così lontano dalla solennità propria dei ‘creatori’ nelle cosmogonie tradizionali. Prezioso è anche il modo di porsi nel milieu artistico contemporaneo: dietro la conformazione ironica del kit di montaggio (ma forse solenne per coloro cui il modellismo richiama un intero mondo costruito nell’infanzia) si nasconde una volontà di interazione con il pubblico, in una sorta di performatività che prosegue a casa dello spettatore. L’iper-irrealismo di Carla Mattii evoca l’inquietudine, l’ambiguità e anche lo straniamento dei nostri tempi, ma con leggerezza e sospensione di giudizio, a differenza del linguaggio iconoclasta ormai diventato quasi codice, tanto viene ripetuto e imitato, di tanti artisti contemporanei.
Stefano Castelli