Davide Nido “ Se/ognare” a cura di Mimmo Di Marzio Dal 15 al 29 gennaio 2001
L’imballaggio delle illusioni
Un artista può definirsi classico quando riesce a comunicare al cuore, prima ancora che alla mente, messaggi universali complessi e allo stesso tempo di una semplicità assoluta: la bellezza, la paura, l’eros, l’amore o la morte. Un artista può definirsi classico quando la sublimazione delle emozioni più profonde non avviene più soltanto in un proprio esclusivo territorio, ma si estende ed è condivisibile anche agli altri uomini, come se l’artista fosse il messaggero inconsapevole delle immagini dell’anima del mondo. Tutti gli artisti classici, dai tempi di Fidia a quelli di BilI Viola, hanno dimostrato che il linguaggio, la forma, il colore e la materia non possiedono, di per sè, alcun valore intrinseco. Più importante è saper comunicare un Messaggio: con un gesto, con un segno o anche soltanto col silenzio. Questa è la ragione per cui è essenzialmente inutile disquisire “criticamente” sul perchè Davide Nido, un bel giorno, abbia deciso che era meglio utilizzare colle siliconate anzichè i tubetti ad olio o gessi acrilici. Vale invece la pena domandarsi sul perchè il suo lavoro, freddo a un primo impatto con le monocromie, le ossessive modularità che sembrano imitare un ordine supremo e i paesaggi di gocce immortali, perchè, dicevo, tutto questo abbia toni così fortemente classici.
Una risposta, certamente non l’unica, mi è arrivata il giorno in cui avendogli chiesto le ragioni dell’introduzione, come unico elemento figurativo, della sagoma di ragni, mi rispose che da piccolo ne aveva sempre avuto un innata fobia. Ecco un Messaggio, mi sono detto. Era come se Nido fosse riuscito a cristallizzare quell’istinto così fortemente umano che consiste nel bisogno di esorcizzare la paura: la paura di noi stessi, del dolore, e del nulla. La classicità di Nido sta, credo, tutta nel riuscire a farci ri-vedere con le sue intricate ragnatele di gomma e con i suoi imballaggi, la coazione a ripetere che tutti abbiamo ad “imballare” le nostre angosce, i nostri incubi. Nido ripete il gioco all’infinito, nelle raffinate trasparenze, divertendosi con le monocromie e i sottili contrasti della materia.
Lo fa con Ironia, quasi volendo dimostrare che se il pericolo esiste ed è sempre presente, l’artista-uomo è in grado di inventare mille gabbie e mille barricate per tenerlo lontano. E così anche l’incubo del ragno diventa, alla fine, soltanto un’ombra che sembra sciogliersi in un mondo di plastica, quello delle illusioni.
Mimmo Di Marzio